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Il dolore cancella ogni cosa, Weirde

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_masayume4ever_
view post Posted on 18/12/2008, 16:37






Il dolore cancella ogni cosa, ti sommerge, ti affoga e riempie ogni angolo dentro di te, senza lasciare spazio a niente altro. Non puoi pensare, non puoi parlare, non puoi respirare. Puoi solo sentire il dolore, resistergli e sopportarlo. Come un tarlo ti magia lo stomaco, ti rode la gola, ti fa urlare fino a che non hai più voce e piangere fino a che non hai più lacrime, finché il dolore diventa il tuo tutto, il tuo mondo, e tu smetti di esistere.

Poi, dopo il dolore, quando la resistenza cede, arriva il sollievo dell’incoscienza e con essa la cessazione del dolore. E dopo di essa, al tuo risveglio, l’assenza del dolore ti permette di tornare ad usare la tua mente, puoi respirare, puoi pensare, puoi renderti conto di ciò che ti circonda…..e questo non sempre è una cosa positiva.

Almeno non lo era per me, perché quando finalmente cessò il dolore mi resi pienamente conto di dove mi trovavo, e insieme a questa consapevolezza tornò anche il ricordo di ciò che avrei preferito dimenticare.



Pling….pling….pling….pling…

Il rumore di una goccia che cadeva sul pavimento era l’unico rumore che percepivo. Il buio mi circondava, mi trovavo in un luogo angusto, umido, ed ermeticamente chiuso. Con le mani seguii i muri che mi circondavano, trovai un’unica porta, di ferro, chiusa. Se ne avessi avuto la forza avrei urlato, battuto i pugni su di essa, ma non ne avevo, ero sfinita, fisicamente e mentalmente, e un velo di indifferenza era calato sulla mia mente. Ero imprigionata…..ma tutto ciò che riuscivo a pensare era: Grazie a Dio il dolore è passato……ti prego fa che non ritorni. Solo questo si ripeteva il mio cervello, solo questo.

La mia memoria era vaga, ricordavo il mio nome, ricordavo chi ero, ricordavo come si svolgeva una tipica giornata della mia vita normale…….ma non ricordavo cosa mi era successo. Perché era arrivato il dolore? Come era iniziato? Come ero finita lì? Avrei dovuto farmi queste domande e molte altre……ma non volevo. Non volevo, perché tanto non avrei avuto delle risposte, quindi a cosa sarebbe servito, molto meglio rimanere ferma immobile, respirare e godersi l’assenza del dolore, finché fosse durata.



Poi il silenzio venne spezzato dal caos. Sentii il muro a cui avevo appoggiato la schiena tremare, un boato risuonò dall’esterno, riempiendo il buio e le mie orecchie, che cominciarono a pulsare di dolore. Poi un nuovo rumore toc….toc…..toc…toc……..sembravano martellate date contro la pietra. Infine un rumore come di valanga che si avvicinava, si avvicinava, sempre di più, sempre di più. Mi rintanai in un angolo e mi raggomitolai, abbracciando le mie ginocchia, il dolore stava arrivando, lo sentivo.



Urla, umane, animali, grida, ringhi, passi, tanti passi che si avvicinavano. Colpi, colpi contro la mia porta. E poi una forte luce cancellò il buio che mi circondava. Tentai di mettere a fuoco qualche immagine, ma gli occhi mi dolevano troppo. Li richiusi. Niente più dolore se potevo evitarlo.

Altre urla, ma le mie orecchie fischiavano ancora per colpa del boato e non capivo quanto mi veniva detto. Qualcosa, o meglio qualcuno mi strattonò. Mi toccò, mi scosse. Io mi raggomitolai più strettamente, tenni chiusi gli occhi e misi le mani sulle orecchie. Il buio tornò a circondarmi a rassicurarmi e con esso tornò il silenzio. Ma era una calma apparente quella che mi ero creata, la realtà era ben diversa ed era decisa a non lasciarmi stare. Voleva rompere la mia tranquillità, il mio rifugio dal dolore e ci riuscì.



Qualcuno, mi strattonò di nuovo e poi mi alzò in piedi, io mi rifiutai di aprire gli occhi e lottai per rimanere seduta, ma non avevo forze. Con impazienza venni rudemente presa in braccio, e il mondo cominciò a roteare dietro le mie palpebre chiuse. Il mio stomaco protestò al movimento e la nausea mi assalì. Più resistevo e lottavo e peggio mi sentivo, perciò mi accasciai immobile tra le braccia di chi mi trasportava.

Il mio portatore corse, e corse senza sosta, poi sentii la sferzata del vento, il freddo, e ancora il movimento della corsa. Mi addormentai o svenni, non lo, so solo che persi conoscenza, e ogni dolore, ogni rumore, ogni paura cessò.



Quando mi risvegliai aprii gli occhi e riuscii a vedere. Non ero al buio, ma in una camera fiocamente illuminata da un camino. Ero al caldo, non provavo dolore e non ero sola.

Stranamente non tremavo, non avevo paura, non provavo nulla, assolutamente nulla. Per provare qualcosa avrei dovuto avere l’energia per farlo, e non ne avevo. Il mio cervello sembrava imbottito di cotone. I pensieri si aggiravano ma non si collegavano fra loro, erano distanti, erano indolore. Non volevo pensare, non volevo farmi delle domande perché stavolta avrei potuto forse ricevere delle risposte, risposte che non ero pronta ad ascoltare.

Ma quando gli altri si accorsero che ero cosciente non mi permisero di rimanere isolata e al sicuro nel mio angolino, si avvicinarono a me e mi osservarono mentre io osservavo loro.

Non provai paura o orrore, solo un lieve stupore, un’emozione distaccata sembrava essere l’unico sentimento che il mio corpo fosse in grado di produrre per il momento. Ne fui grata, perché credo che se ne avessi avuto le forze, in condizioni normali, avrei urlato inorridita.



Le persone, o meglio gli esseri che mi circondavano, infatti, non erano propriamente umani. Sembravano delle specie di ibridi. Una donna bionda mi fissava con occhi allungati che ospitavano le pupille verticali di un felino, le sue orecchie, che spuntavano dai lungi capelli castani erano orecchie di un gatto. L'uomo dietro di lei, era pallido, cereo, mi sorrise e vidi i suoi denti appuntiti come quelli di uno squalo e tra di essi balenò la sua lingua, biforcuta come quella di un rettile. Dietro di loro altre tre persone, un uomo e due donne, mi osservavano silenziose. Le due donne erano coperte di pelliccia, e mi guardavano con due occhi gialli, sembravano un incrocio fra un essere umano e un leone, snudarono i denti mostrandomi i loro canini, letali come zanne. Ma era l’uomo al loro fianco ad avere l’aspetto più alieno. La sua pelle era di un colore scuro, non marrone, ma un nero con riflessi blu, un colore disumano. E i suoi occhi erano rossi, come le fiamme che ardevano nel camino. Mentre lo osservavo, si tolse il cappotto che indossava e mi diede la schiena per mostramela. Aveva due ali membranate, come quelle dei pipistrelli, nere anch’esse. Si voltò di nuovo e si avvicinò a me, mentre gli altri si facevano indietro per farlo passare.

Le sue mani terminavano in affilati artigli, fissai su di loro il mio sguardo, non avendo il coraggio di fissare lo sguardo di quegli occhi rossi come rubini.



-Non devi avere paura, non hai niente temere da noi.- mi disse con una voce profonda e gutturale.

Lo fissai incredula, ma non aprii bocca.

-Ricordi chi sei? Ricordi qualcosa di quello che ti è successo?-

Continuai a fissarlo muta. Non avevo nessuna intenzione di parlare con loro. Il mio unico scopo era non fare nulla. Forse se non avessi fatto nulla, non avessi mosso un muscolo il dolore non sarebbe tornato. Questa era la mia unica speranza.

L’uomo alato sospirò. –Probabilmente sei sotto shock. Vorrei ci fosse il tempo per lasciarti riprendere con calma... vorrei tante cose a dire il vero……ma non c’è più tempo. Dovremo spostarci presto e tu devi collaborare con noi, o potresti rallentarci. Non devi parlare se non vuoi, ma dovrai ascoltare quello che ho da dirti.-

Non gli risposi, ma prese il mio silenzio per un assenso e continuò. –Per ora non dovrai fare altro che fidarti di noi, ci prenderemo cura di te, e quando starai meglio risponderemo alle tue domande.-

Si chinò verso di me e allungò una delle sue mani -Dammi la tua mano.- mi disse.

Un richiesta così innocua….e che si sarebbe rivelata così terribile. Allungai la mia mano e lui la strinse nella sua. Come in trance osservai le nostre mani allacciate. La mia mano era più piccola della sua, ma aveva lo stesso colore, era nera con riflessi bluastri e terminava in lunghi artigli. Sollevai il volto e fissai i suoi occhi, vidi i miei stessi occhi riflessi nelle sue pupille: erano rossi come rubini, rossi come i suoi occhi. Ero come lui, ero un mostro.



 
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elfenamy
view post Posted on 9/3/2009, 11:49




splendida storia :woot: :woot: :woot: spettacolare *_____*
 
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_masayume4ever_
view post Posted on 21/3/2009, 16:22




Già...anche a me era davvero piaciuta!! ^^
 
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akanuccia96
view post Posted on 5/3/2010, 14:18




stupendaaaaaaaa*__*
 
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_masayume4ever_
view post Posted on 6/3/2010, 00:42




Ehehe! ^^
ce ne sono tante altre!
 
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r the FALCONER
view post Posted on 23/4/2010, 18:32




bella hai guadagnato un nuovo utente, io.
 
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5 replies since 18/12/2008, 16:37   249 views
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